martedì 22 maggio 2012

L'IMU SECONDO IL CORRIERE DELLA SERA


L COMODATO D'USO NON BASTA, IL FIGLIO DEVE AVERE LA PROPRIETÀ DELLA CASA «PRESTATA»

Imu, no sconto se nella seconda casa vanno i figli

Doppia agevolazione se i coniugi risiedono in comuni diversi «per esigenze lavorative». Un'abitazione principale su 4 non paga

ROMA - La circolare del ministero dell'Economia sull'Imu conferma una interpretazione molto restrittiva dei criteri per l'individuazione della prima casa, sulla quale l'aliquota è più leggera e si beneficia delle detrazioni. Viene del resto confermata l'impostazione del decreto Salva-Italia che non solo ha istituito la nuova imposta sugli immobili a valere anche sulla casa di abitazione, ma ha anche fissato precisi paletti antielusione rispetto alla vecchia Ici, dalla quale erano appunto esenti, dal 2008, tutti gli immobili che risultavano prime case, circa il 60% del totale. Tipico l'esempio dei genitori che davano in comodato d'uso (affitto gratuito) un secondo appartamento al figlio o alla figlia. In questo caso gli stessi genitori non pagavano l'Ici su nessuna delle due abitazioni, né quella dove vivevano né quella concessa in uso. L'Imu, invece, sarà dovuta su entrambe: con aliquota agevolata sulla loro casa e con l'aliquota base più alta su quella data al figlio, perché appunto considerata una seconda casa.
La prima casa
La circolare diffusa venerdì è chiara: «Rispetto a quanto previsto per l'Ici, la definizione di abitazione principale presenta dei profili di novità». Per prima casa si intende infatti quella nella quale «il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente». Quindi se alcuni membri della famiglia stabiliscono la loro residenza e dimora «in immobili diversi situati nel territorio comunale, le agevolazioni per l'abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile». In altri termini la prima casa «deve essere costituita da una sola unità», quella sulla quale si verifica la sussistenza di requisiti: possesso, residenza e dimora. Se quindi si hanno due case e una la si dà per esempio al proprio figlio perché ci vada a vivere, non basta che questi ci risieda e vi dimori, ma deve anche avere la proprietà della stessa (acquisita anche attraverso la donazione) o un diritto reale su di essa (per esempio l'usufrutto, anche se questo di solito si verifica col figlio che dà l'immobile al genitore).
Due prime abitazioni?
In un solo caso la circolare illustra un esempio di nucleo familiare con due immobili su entrambi i quali è possibile pagare l'Imu agevolata per l'abitazione principale. Si verifica quando i coniugi risiedano e abbiano la dimora abituale in comuni diversi, «ad esempio, per esigenze lavorative». Ma se marito e moglie fanno questa stessa cosa in due case ubicate nello stesso comune la doppia agevolazione non scatta più e l'aliquota base (0,4%) si potrà applicare solo su uno dei due immobili.
Casa in affitto e casa in comodato
Le norme antielusive hanno certamente una loro ragion d'essere, alla luce dei numerosi abusi che si sono verificati in passato con le residenze fittizie, per esempio con i figli sulle seconde case al mare o in montagna. Resta però il fatto che la norma può essere penalizzante per la famiglia se si osserva che i genitori che danno un appartamento al figlio con comodato d'uso sono fiscalmente trattati allo stesso modo che se lo danno in affitto sul mercato. Anzi sono penalizzati. In entrambi i casi, infatti, devono versare l'Imu sulla seconda casa e in più, sulla prima casa, perdono la detrazione di 50 euro sul figlio che non vive più con loro. Senza contare che sull'immobile concesso al familiare non incasseranno l'affitto.
Una casa su 4 esente
Nonostante tutto ciò, il governo stima che il 24% delle abitazioni principali, cioè 4,6 milioni su 19,2 milioni, non pagherà l'Imu. Perché? Per effetto delle detrazioni e del margine di manovra attribuito ai comuni. Essi, infatti, possono intervenire sull'aliquota dello 0,4% aumentandola fino a 0,6% o diminuendola fino a 0,2%. Inoltre possono aumentare la detrazione di 200 euro prevista sulla prima casa «fino a concorrenza dell'imposta dovuta, nel rispetto dell'equilibrio di bilancio. Tale facoltà - aggiunge la circolare - può essere esercitata anche limitatamente a specifiche fattispecie meritevoli di tutela, fermi restando, ovviamente, i criteri generali di ragionevolezza e non discriminazione». I comuni non possono invece variare l'importo della detrazione prevista per i figli che è, per il 2012 e il 2013, di «50 euro per ciascun figlio di età non superiore a 26 anni, a condizione che lo stesso dimori abitualmente e risieda anagraficamente nell'unità immobiliare adibita ad abitazione principale». Le detrazioni sui figli non possono in ogni caso superare 400 euro.
La parola dunque, almeno sulle aliquote e sulla detrazione prima casa, passa ai comuni, i quali, però, viste le ristrettezze di bilancio e i vincoli del patto di stabilità interno, hanno davvero scarsi margini.
Enrico Marro

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