venerdì 31 maggio 2013

Dopo anni di boom immobiliare è giunta l'ora di abbassare i prezzi

Cari amici lettori, come mi fa piacere fare quando trovo che un articolo sia davvero interessante, anche quest'oggi vi propongo una lettura tratta da il Mattone, attualmente in distribuzione, scritto dal sig. Antonio Vocca (Caseper s.r.l.). Si tratta di una riflessione sulla attuale situazione del mercato immobiliare. 

Prezzi abbordabili alla base della rinascita

Il mercato immobiliare delle abitazioni in Italia ha subìto un vero crollo nel 2012, perdendo oltre 150 mila compravendite rispetto all’anno precedente: si tratta del peggior risultato dal 1985, quando le abitazioni compravendute erano state circa 430 mila.
I dati dell’Agenzia del Territorio sono eloquenti. Se nel primo trimestre dell’anno, le compravendite immobiliari erano diminuite del 17,8%,  nel periodo aprile-giugno sono calate, addirittura, del 25,3%; il dato peggiore dal 2004 per il secondo trimestre.
In particolare, nel secondo trimestre il numero delle transazioni è sceso a 119.673 unità per il settore residenziale (ci si attende non più di 500 mila transazioni nell’anno), mentre su base annua il tonfo è ancora più drastico per il terziario e per il commerciale, con cali rispettivi del 32,7% e del 28,5%.
Solamente a Milano sono rimasti invenduti 80 mila vani, con meno della metà a Brescia e Bergamo. Il dato più allarmante riguarda il fatto che a queste condizioni il numero potrebbe aumentare vertiginosamente nell’immediato futuro arrivando a toccare quota 135 mila a Milano nel 2018.
Possibile che nessun economista abbia analizzato che significa immettere milioni di metri cubi nelle nostre città?
La verità è che si è deciso, pur sapendo che la popolazione non aumenta, di cementificare perché in base ad una o più “ricerche” le risorse del settore finanziario si spostano verso l'immobiliare.
La Spagna che ha il più alto tasso di disoccupazione in Europa di disoccupati sta diventando progressivamente un paese di città fantasma con blocchi di appartamenti vuoti, strade e giardini pieni di erbacce, dove avrebbero dovuto viverci molte famiglie.
Simbolo della crisi economica e immobiliare è Seseña, cittadina nella provincia di Toledo, soprannominata la Manhattan di Madrid per i suoi appartamenti torreggianti a una quarantina di km dalla capitale, doveva diventare un luogo accogliente per 30.000 persone, ma la crisi l'ha resa una città fantasma.
Delle 13.000 abitazioni in costruzione da ultimare, solo 5100 sono state completate, la maggior parte di loro ora sono disabitate e gli spagnoli che le avevano acquistate come investimenti ora fanno a gara per venderle con perdite enormi.
Immobili in costruzione i cui lavori non finiscono mai non sono un problema solo della Spagna.
In Italia a fronte del crollo della domanda, pare che non la stessa cosa si possa dire con riguardo ai prezzi delle abitazioni.
Un sondaggio, realizzato da Il Sole 24 Ore, spiegherebbe le ragioni di prezzi così sostanzialmente stabili, rispetto al tonfo delle transazioni immobiliari.
Alla domanda su quale sarebbe la ragione della crisi del mercato immobiliare, gli intervistati hanno risposto per il 46,5% che si tratterebbe di “difficoltà di accesso al credito, soprattutto per i giovani”; il 20,63% ha risposto che sarebbe dovuto all’incertezza sul futuro e alla crisi economica; il 18,25% che  si aspetta una certa discesa dei prezzi; il 12,43% che il mattone non sarebbe più un investimento redditizio, mentre il 2,12% che chi può, compra all’estero.
Le cause, quindi, secondo gli italiani, di questo  crollo  vanno ricercate nella crisi economica, nella sfiducia nel futuro ma soprattutto nella mancanza  di affidamenti bancari.
In un libero mercato alla bassa domanda di immobili rispetto alla grande offerta dovrebbe corrispondere un minor prezzo, anche se sembra che nei grossi centri urbani qualche segnale di cedimento si starebbe verificando solo nel corso dell’ultimo trimestre, con Roma e Milano a vedere diminuire il prezzo medio delle case in vendita del 2,6% e del 3,2%, rispettivamente, mentre il problema è che molti sanno che il mercato immobiliare potrebbe subire ulteriori cali e fanno la cosa più logica dal loro punto di vista: aspettano.
E' giunta l'ora di abbassare i prezzi. La casa negli ultimi 50-60 anni ha rappresentato un valore sicuro e la migliore protezione del risparmio.
Negli Usa tale stereotipo è stato infranto, infatti, ci vorranno almeno due decenni, prima che la casa possa tornare ad essere considerata un buon investimento, secondo gli esperti consultati dal New York Times.
Occorrerà quindi aspettare il 2030 solo per recuperare il valore distrutto durante l'ultima crisi del mercato immobiliare; la proprietà di un'abitazione è stata sempre considerata una riserva di ricchezza familiare. L'immobiliare in America ha perso dal 2005 ad oggi oltre 6.000 miliardi di dollari di valore a scapito dei privati per colpa della caduta delle quotazioni al metro quadro, forse non si è ancora toccato il fondo, dato che la quantità di abitazioni che sono disponibili sul mercato e attualmente in vendita è il doppio di quello che sarebbe stata in periodi pre-crisi.
Ora perfino gli economisti che lavorano per conto di grandi gruppi immobiliari rinunciano a spargere ottimismo.

Uno di questi è Stan Humphries, chief economist del sito Internet Zillow, che si specializza nelle compravendite immobiliari: "Non esiste una legge economica per cui il mattone debba rivalutarsi. Durante gli anni del boom circolarono varie teorie sul fatto che il mercato immobiliare è speciale: vuoi per la scarsità di superficie edificabile, vuoi per la crescita  demografica legata all'immigrazione. Nessuna di queste spiegazioni regge". Al massimo, avverte Humphries, nel lungo termine la casa può preservare il suo valore evitando che venga distrutto dall'inflazione, ammesso che torni ad esserci un'inflazione significativa. Ma arricchirsi no, non è garantito da nessuna spiegazione razionale.

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