Gli affitti per uso diverso da quello abitativo e quindi per negozi, uffici e studi professionali sono ancora oggi regolati dalla n.392 del 1978.
Per gli affitti ad uso non abitativo il canone d’affitto iniziale è libero, ossia può essere determinato dalle parti senza vincoli.
Una volta determinato il canone d’affitto iniziale, questo rimane bloccato nel senso che non può essere rivisto in corso di contratto, salvo la possibilità di aggiornamento annuale del canone che comunque non può superare il 75% della variazione dell’indice Istat.
Una durata più breve di quella stabilita per legge può essere concessa solo per le attività aventi carattere transitorio, mentre per le attività stagionali (stabilimenti balneari) il contratto d’affitto vale per 6 anni.
In capo al proprietario dell’immobile affittato per uso non abitativo incombe poi l’onere di corrispondere all’inquilino l’indennità di avviamento alla cessazione del contratto d’affitto e di dare la prelazione all’inquilino nel caso di vendita dell’immobile. Questi obblighi sono stabiliti in capo al proprietario solo se si tratta di attività commerciali aventi un contatto diretto con il pubblico, come accade per i negozi.
Si può dire che in tema di locazioni non abitative la legge tutela la stabilità dell’attività commerciale piuttosto che il livello del canone di locazione.
Recesso dal contratto d’affitto
Il proprietario dell’immobile affittato per uso non abitativo non può recedere dal contratto durante i 6 anni ( o 9 anni), salvo i casi di morosità dell’inquilino o altri inadempimenti dello stesso. Al contrario, l’inquilino può recedere anticipatamente se ciò è previsto dal contratto o comunque dando un preavviso di 6 mesi nel caso in cui ricorrano dei gravi motivi (come la cessazione dell’attività). Alla scadenza dei 6 o 9 anni, il contratto d’affitto si rinnova automaticamente per altri 6 o nove anni e così via, se non interviene disdetta mediante preavviso di 12 mesi (o 18 mesi) prima della scadenza.
Prima scadenza del contratto
Una volta decorsi i primi 6 o 9 anni di contratto, l’inquilino può dare liberamente disdetta, mentre il proprietario può farlo sono se intervengono una serie di motivi elencati dalla legge 392 del 1978, ossia:
- Il proprietario voglia adibire l’immobile ad abitazione propria o di parenti entro il secondo grado in linea retta (nonno-nipote);
- Il proprietario voglia adibire l’immobile per un’ attività economica propria o del coniuge, figli o nipoti;
- Il proprietario voglia ristrutturare l’immobile o restauralo.
Quando il proprietario invia la disdetta all’inquilino per uno di questi motivi occorre indicare specificatamente il motivo per cui si intendono riavere i locali affittati alla prima scadenza. Se poi l’immobile non viene adibito nei 6 mesi seguenti al rilascio all’uso richiesto dal proprietario, il contratto d’affitto può essere ripristinato a richiesta del conduttore. In ogni caso spetta all’inquilino un risarcimento pari al rimborso delle spese di trasloco. Se poi l’inquilino non è interessato al ripristino del contratto ha diritto ad un risarcimento non superiore a 48 mensilità dell’ultimo canone percepito. Il Giudice può anche porre a carico del proprietario il pagamento di una ammenda fino a 1.032 euro.
Il ripristino del contratto d’affitto non può avvenire in danno di un nuovo inquilino o proprietario dei locali che sia nel frattempo subentrato in buona fede; in tal caso al vecchio inquilino spetterà solo il risarcimento del danno. (tutorcasa.it)
Una volta decorsi i primi 6 o 9 anni di contratto, l’inquilino può dare liberamente disdetta, mentre il proprietario può farlo sono se intervengono una serie di motivi elencati dalla legge 392 del 1978, ossia:
- Il proprietario voglia adibire l’immobile ad abitazione propria o di parenti entro il secondo grado in linea retta (nonno-nipote);
- Il proprietario voglia adibire l’immobile per un’ attività economica propria o del coniuge, figli o nipoti;
- Il proprietario voglia ristrutturare l’immobile o restauralo.
Quando il proprietario invia la disdetta all’inquilino per uno di questi motivi occorre indicare specificatamente il motivo per cui si intendono riavere i locali affittati alla prima scadenza. Se poi l’immobile non viene adibito nei 6 mesi seguenti al rilascio all’uso richiesto dal proprietario, il contratto d’affitto può essere ripristinato a richiesta del conduttore. In ogni caso spetta all’inquilino un risarcimento pari al rimborso delle spese di trasloco. Se poi l’inquilino non è interessato al ripristino del contratto ha diritto ad un risarcimento non superiore a 48 mensilità dell’ultimo canone percepito. Il Giudice può anche porre a carico del proprietario il pagamento di una ammenda fino a 1.032 euro.
Il ripristino del contratto d’affitto non può avvenire in danno di un nuovo inquilino o proprietario dei locali che sia nel frattempo subentrato in buona fede; in tal caso al vecchio inquilino spetterà solo il risarcimento del danno. (tutorcasa.it)
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