Cari amici lettori, come mi fa piacere fare quando trovo che un articolo sia davvero interessante, anche quest'oggi vi propongo una lettura tratta da il Mattone, attualmente in distribuzione, scritto dal sig. Antonio Vocca (Caseper s.r.l.). Si tratta di una riflessione sulla attuale situazione del mercato immobiliare.
Prezzi
abbordabili alla base della rinascita
Il
mercato immobiliare delle abitazioni in Italia ha subìto un vero crollo nel
2012, perdendo oltre 150 mila compravendite rispetto all’anno precedente: si
tratta del peggior risultato dal 1985, quando le abitazioni compravendute erano
state circa 430 mila.
I
dati dell’Agenzia del Territorio sono eloquenti. Se nel primo trimestre
dell’anno, le compravendite immobiliari erano diminuite del 17,8%, nel periodo aprile-giugno sono calate,
addirittura, del 25,3%; il dato peggiore dal 2004 per il secondo trimestre.
In
particolare, nel secondo trimestre il numero delle transazioni è sceso a
119.673 unità per il settore residenziale (ci si attende non più di 500 mila
transazioni nell’anno), mentre su base annua il tonfo è ancora più drastico per
il terziario e per il commerciale, con cali rispettivi del 32,7% e del 28,5%.
Solamente
a Milano sono rimasti invenduti 80 mila vani, con meno della metà a Brescia e
Bergamo. Il dato più allarmante riguarda il fatto che a queste condizioni il
numero potrebbe aumentare vertiginosamente nell’immediato futuro arrivando a
toccare quota 135 mila a Milano nel 2018.
Possibile
che nessun economista abbia analizzato che significa immettere milioni di metri
cubi nelle nostre città?
La
verità è che si è deciso, pur sapendo che la popolazione non aumenta, di
cementificare perché in base ad una o più “ricerche” le risorse del settore
finanziario si spostano verso l'immobiliare.
La
Spagna che ha il più alto tasso di disoccupazione in Europa di disoccupati sta
diventando progressivamente un paese di città fantasma con blocchi di
appartamenti vuoti, strade e giardini pieni di erbacce, dove avrebbero dovuto
viverci molte famiglie.
Simbolo
della crisi economica e immobiliare è Seseña, cittadina nella provincia di
Toledo, soprannominata la Manhattan di Madrid per i suoi appartamenti
torreggianti a una quarantina di km dalla capitale, doveva diventare un luogo
accogliente per 30.000 persone, ma la crisi l'ha resa una città fantasma.
Delle
13.000 abitazioni in costruzione da ultimare, solo 5100 sono state completate,
la maggior parte di loro ora sono disabitate e gli spagnoli che le avevano
acquistate come investimenti ora fanno a gara per venderle con perdite enormi.
Immobili
in costruzione i cui lavori non finiscono mai non sono un problema solo della
Spagna.
In
Italia a fronte del crollo della domanda, pare che non la stessa cosa si possa
dire con riguardo ai prezzi delle abitazioni.
Un
sondaggio, realizzato da Il Sole 24 Ore, spiegherebbe le ragioni di prezzi così
sostanzialmente stabili, rispetto al tonfo delle transazioni immobiliari.
Alla
domanda su quale sarebbe la ragione della crisi del mercato immobiliare, gli
intervistati hanno risposto per il 46,5% che si tratterebbe di “difficoltà di
accesso al credito, soprattutto per i giovani”; il 20,63% ha risposto che
sarebbe dovuto all’incertezza sul futuro e alla crisi economica; il 18,25%
che si aspetta una certa discesa dei
prezzi; il 12,43% che il mattone non sarebbe più un investimento redditizio,
mentre il 2,12% che chi può, compra all’estero.
Le
cause, quindi, secondo gli italiani, di questo
crollo vanno ricercate nella
crisi economica, nella sfiducia nel futuro ma soprattutto nella mancanza di affidamenti bancari.
In
un libero mercato alla bassa domanda di immobili rispetto alla grande offerta
dovrebbe corrispondere un minor prezzo, anche se sembra che nei grossi centri
urbani qualche segnale di cedimento si starebbe verificando solo nel corso
dell’ultimo trimestre, con Roma e Milano a vedere diminuire il prezzo medio
delle case in vendita del 2,6% e del 3,2%, rispettivamente, mentre il problema
è che molti sanno che il mercato immobiliare potrebbe subire ulteriori cali e
fanno la cosa più logica dal loro punto di vista: aspettano.
E'
giunta l'ora di abbassare i prezzi. La casa negli ultimi 50-60 anni ha
rappresentato un valore sicuro e la migliore protezione del risparmio.
Negli
Usa tale stereotipo è stato infranto, infatti, ci vorranno almeno due decenni,
prima che la casa possa tornare ad essere considerata un buon investimento,
secondo gli esperti consultati dal New York Times.
Occorrerà quindi aspettare il 2030 solo
per recuperare il valore distrutto durante l'ultima crisi del mercato
immobiliare; la proprietà di un'abitazione è stata sempre considerata una
riserva di ricchezza familiare. L'immobiliare in America ha perso dal 2005 ad
oggi oltre 6.000 miliardi di dollari di valore a scapito dei privati per colpa
della caduta delle quotazioni al metro quadro, forse non si è ancora toccato il
fondo, dato che la quantità di abitazioni che sono disponibili sul mercato e
attualmente in vendita è il doppio di quello che sarebbe stata in periodi
pre-crisi.
Ora
perfino gli economisti che lavorano per conto di grandi gruppi immobiliari
rinunciano a spargere ottimismo.
Uno
di questi è Stan Humphries, chief economist del sito Internet Zillow, che si
specializza nelle compravendite immobiliari: "Non esiste una legge
economica per cui il mattone debba rivalutarsi. Durante gli anni del boom
circolarono varie teorie sul fatto che il mercato immobiliare è speciale: vuoi
per la scarsità di superficie edificabile, vuoi per la crescita demografica legata all'immigrazione. Nessuna
di queste spiegazioni regge". Al massimo, avverte Humphries, nel lungo termine
la casa può preservare il suo valore evitando che venga distrutto
dall'inflazione, ammesso che torni ad esserci un'inflazione significativa. Ma
arricchirsi no, non è garantito da nessuna spiegazione razionale.