E’ stato ulteriormente prorogato al 31 marzo 2013 (precedente scadenza 31 gennaio 2013) il termine ultimo per la presentazione delle domande volte ad ottenere la sospensione delle rate di mutuo.
Ulteriore proroga per richiedere la sospensione dei mutui.
Ciò è stato reso possibile grazie ad un accordo tra l’Abi e le 13 Associazioni di Consumatori con cui hanno rinnovato per la quinta volta il Piano Famiglie. Le domande vanno consegnate alla propria banca, compilando un apposito modulo che ogni istituto di credito predispone sulla base del fac-simile elaborato dall’Abi. A questo punto non rimane che sperare che venga nuovamente attivato il Fondo di solidarietà per i mutui per l’acquisto della prima casa, nato nel 2010.
Ma cosa prevede il Piano Famiglie?
- Il Piano Famiglie da la possibilità a coloro che sono in ritardo nei pagamenti delle rate di mutuo fino a 90 giorni consecutivi di sospendere le rate. Non possono chiedere una nuova sospensione coloro che ne hanno già usufruito in passato, anche se vi è stata la proroga;
- Durante la sospensione, gli interessi contrattuali continuano a maturare e possono essere rimborsati in maniera diversa, a seconda che il richiedente abbia chiesto la sospensione solo della quota capitale o anche della quota interessi;
- Il mutuo dev’essere stato stipulato per acquisto, la costruzione o la ristrutturazione dell’abitazione principale e, se garantito da ipoteca, non può avere un importo superiore a 150 mila euro;
- Rientrano anche i mutui cartolarizzati, quelli rinegoziati o oggetto di operazioni di portabilità, nonché quelli accollati;
- Possono chiedere la sospensione solo le persone fisiche che abbiano un reddito fino a 40 mila euro l’anno e che fino al 28 febbraio 2013 hanno subito eventi negativi quali:
1) la perdita del rapporto di lavoro subordinato. Non rientrano i casi di risoluzione consensuale o per limiti di età con diritto a pensione di vecchiaia/anzianità, i casi di licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo, o ancora di dimissioni del lavoratore non per giusta causa;
2) il venir meno del rapporto di lavoro di cui all’art. 409, n. 3, c.p.c., ossia i rapporti di agenzia, di rappresentanza commerciale ed altri rapporti di collaborazione consistenti nel prestare un’opera continuativa e coordinata. Non vi rientrano quei rapporti in cui vi sia una risoluzione consensuale, un recesso datoriale per giusta causa, oppure un recesso del lavoratore non per giusta causa;
3) la morte o l’insorgere di una condizione di non autosufficienza;
4) la sospensione dal lavoro o la riduzione dell’orario di lavoro per una durata di almeno 30 giorni, anche in attesa di CIG, CIGS o di altre misure di sostegno del reddito. (tutorcasa.it)
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